ATTO QUARTO                                 


Scena Prima

(Vicinanze d'Hornachuelos. Interno del 
convento della Madonna degli Angeli. 
Meschino porticato circonda una 
cordicella con aranci, oleandri, gelsomini. 
Alla sinistra dello spettatore è la porta 
che mette al via; a destra, altra porta 
sopra la quale si legge "Clausura". 
Il Guardiano passeggia solennemente, 
leggendo il suo breviario. Dalla sinistra 
entra una folla di medicanti, uomini e 
donne di tutte le età, che portano 
scodelle grezze, recipienti e piatti)

CORO DEI MENDICANTI 
Fate, la carità, 
Andarcene dobbiam, 
andarcene dobbiamo, 
la carità!

(Fra Melitone entra da destra, portando 
un grande grembiule bianco e assistito 
da altro laico, che porta una grande 
pentola. La mettono giù nel centro del 
cortile e il laico riparte)

MELITONE 
Che? Siete all'osteria? 
Quieti...

(Comincia a scodellare la minestra)

MENDICANTI
(spingendo continuamente) 
Qui, presto a me, presto a me.

MELITONE 
Quieti, quieti, quieti, quieti.

I VECCHI 
Quante porzioni a loro! 
Tutto vorriam per sè. 
N'ebbe già tre Maria!

UNA MENDICANTE
(a Melitone) 
Quattro a me...

MENDICANTI 
Quattro a lei!

MENDICANTE 
Sì, perchè ho sei figliuoli...

MELITONE 
Perchè ne avete sei?

MENDICANTE
Perché il mandò Iddio.

MELITONE 
Sì, Dio... Dio. Non li avreste 
Se al par di me voi pure 
La schiena per coteste 
Con aspra disciplina, 
E più le notti intere 
Passaste recitando 
Rosari e Miserere...

GUARDIANO 
Fratel...

MELITONE 
Ma tai pezzenti son di fecondità 
davvero spaventosa...

GUARDIANO 
Abbiate carità.

I MENDICANTI
Un po' di quel fondaccio ancora ne donate.

MELITONE 
Il ben di Dio, bricconi, 
fondaccio voi chiamate?

ALCUNI MENDICANTI
(porgendo le loro scodelle) 
A me, padre a me...

ALTRI MENDICANTI
(presentando le scodelle)
A me...

MELITONE 
Oh, andatene in malora, 
O il ramajuol sul capo v'aggiusto bene or ora...
Io perdo la pazienza!....

GUARDIANO 
Carità.

LE MENDICANTI 
Più carità ne usava il padre Raffael.

MELITONE 
Sì, sì, man in otto giorni avutone abbastanza
Di poveri e minestra, restò nella sua stanza, 
E scaricò la soma sul dosso a Melitone... 
E poi con tal canaglia usar dovrò le buone?

GUARDIANO 
Soffrono tanto i poveri... 
La carità è un dovere.

MELITONE 
Carità con costoro che il fanno per mestiere?
Che un campanile abbattere 
Co' pugni sarien buoni, 
Che dicono fondaccio, il ben di Dio... 
Bricconi, bricconi, bricconi! 

DONNE 
Oh, il padre Raffaele!

GLI UOMINI 
Era un angelo! 

ALTRI
Un santo!

MELITONE 
Non mi seccate tanto! 
Non mi seccate tanto!

MENDICANTI 
Sì, un santo!. 

MELITONE
(Dà un calcio alla caldaia che
rotola per terra) 
Il resto, a voi prendetevi, 
Non voglio più parole... 
Fuori di qua, lasciatemi, 
Sì, fuori al sole, al sole, 
Pezzenti più di Lazzaro, 
Sacchi di pravità... 
Via, via bricconi, al diavolo, 
Toglietevi di qua. 

MENDICANTI
Oh, il padre Raffaele!  ecc.

( Il frate infuriato li scaccia dal cortile,
percuotendoli col grembiale. Dopo prende
un fazzoletto dalla sua manica e con esso
si asciuga il sudore della fronte)

MELITONE 
Auf! Pazienza non v'ha che basti!

GUARDIANO 
Troppa dal Signor non ne aveste. 
Facendo carità un dover s'adempie 
da render fiero un angiol...

MELITONE 
(Prendendo tabacco)
Che al mio posto in tre di finirebbe 
col "minestrar" de' schiaffi.

GUARDIANO 
Tacete; umil sia Meliton, nè soffra 
se veda preferissi Raffaele.

MELITONE 
Io? No... amico gli son, ma ha certi gesti... 
parla da sè . . . ha cert'occhi.

GUARDIANO 
Son le preci, il digiuno.

MELITONE 
Ier nell'orto lavorava cotanto stralunato, 
che scherzando dissi: 
Padre, un mulatto parmi... 
Guardommi bieco, strinse le pugna, e...

GUARDIANO 
Ebbene?

MELITONE 
Quando cadde sul campanil la folgore, 
ed usciva fra la tempesta, 
gli gridai: mi sembre indian selvaggio...  
un urlo cacciò che mi gelava.

GUARDIANO 
Che v'ha a ridir?

MELITONE 
Nulla, ma il guardo e penso, 
narraste, che il demonio 
qui stette un tempo in abito da frate... 
Gli fosse il padre Raffael parente?

GUARDIANO 
Giudizi temerari... il ver narrai... 
ma n'ebbe il Superior rivelazione 
allora... io, no.

MELITONE 
Ciò è vero! 
Ma strano è molto il padre! 
La ragione?

GUARDIANO 
Del mondo i disinganni, 
L'assidua penitenza, 
Le veglie, l'astinenza 
Quell'anima, quell'anima turbar.

MELITONE 
Sarrano i disinganni, 
L'assidua penitenza, 
Le veglie, l'astinenza 
Che il capo gli guastar! 

GUARDIANO 
Del mondo i disinganni, ecc.

MELITONE 
Sarrano i disinganni, ecc.

(Il campanello del cancello 
suona rumorosamente)

GUARDIANO 
(A fra Melitone)
Giunge qualcuno, aprite.

(Il Padre Guardiano esce. Melitone 
apre la porta ed entra Don Carlo, 
avvolto in un grande mantello)

CARLO
(alteramente)
Siete il portiere?

MELITONE
(fra sè) 
È goffo ben costui! 

(forte)

Se apersi, parmi...

CARLO 
Il padre Raffaele?

MELITONE 
(Fra sè)
Un altro!

(A Carlo)

Due ne abbiamo; 
l'un di Porcuna, grasso, 
sordo come una talpa. Un altro scarno, 
bruno, occhi..

(Fra sè)

ciel, quali occhi!

(A Carlo)

Voi chiedete?

CARLO 
Quel dell'inferno.

MELITONE 
(Fra sè)
È desso!

(a Carlo)

E chi gli annuncio?

CARLO 
Un cavalier.

MELITONE
(fra sè) 
Qual boria! È un mal arnese.

(Melitone esce)

CARLO 
Invano Alvaro ti celasti al mondo, 
e d'ipocrita veste 
scudo facesti alla viltà. Del chiostro 
ove t'ascondi m'additar la via 
l'odio e la sete di vendetta; alcuno 
qui non sarà che ne divida. Il sangue, 
solo il tuo sangue può lavar l'oltraggio 
che macchio l'onor mio, 
e tutto il verserò. 
Lo giuro a Dio.

(Entra Don Alvaro, in abito da frate)

ALVARO 
Fratello...

CARLO 
Riconoscimi.

ALVARO 
Don Carlo! Voi, vivente!

CARLO 
Da un lustro ne vo' in traccia, 
Ti trovo finalmente; 
Col sangue sol cancellasi 
L'infamia ed il delitto. 
Ch'io ti punisca è scritto 
Sul libro del destin. 
Tu prode fosti, or monaco, 
Un 'arma qui non hai...
Deggio il tuo sangue spargere. 
Scegli, due ne portai.

ALVARO 
Vissi nel mondo, intendo; 
Or queste vesti, l'eremo, 
Dicon che i falli ammendo, 
Che penitente è il cor. 
Lasciatemi.

CARLO 
Difendere 
Quel sajo, nè il deserto. 
Codardo, te nol possono.

ALVARO
(trasalendo) 
Codardo! Tale asserto... 

(frenandosi)

No, no! Assistimi, Signore! 

(a Carlo)

Le minaccie, i fieri accenti, 
Portin seco in preda i venti; 
Perdonatemi, pietà, 
O fratel, pietà, pietà!
A che offendere cotanto 
Chi fu solo sventurato? 
Deh, chiniam la fronte al fato, 
O fratel, pietà, pietà!

CARLO
Tu contamini tal nome.
Una suora mi lasciasti 
Che tradita abbandonasti 
All'infamia, al disonor.

ALVARO 
No, non fu disonorata, 
Ve lo giura un sacerdote! 
Sulla terra l'ho adorata 
Come in cielo amar sì puote. 
L'amo ancora, e s'ella m'ama 
Più non brama questo cor.

CARLO 
Non sì placa il mio furore 
Per mendace e vile accento; 
L'arme impugna ed al cimento 
Scendi meco, o traditor.

ALVARO 
Se il rimorso, il pianto omai 
Non vi parlano per me, 
Qual nessun mi vide mai, 
Io mi prostro al vostro piè!

(S'inginocchia)

CARLO 
Ah la macchia del tuo stemma 
Or provasti con quest'atto!

ALVARO
(balzando in piedi, furente) 
Desso splende più che gemma.

CARLO 
Sangue il tinge di mulatto.

ALVARO
(non potendo più frenarsi) 
Per la gola voi mentite! 
A me un brando!

(Glielo strappa di mano)

Un brando, uscite!

CARLO 
Finalmente!

(Avviandosi)

ALVARO
(ricomponendosi) 
No, l'inferno non trionfi. 
Va, riparti.

(Getta via la spada)

CARLO 
Ti fai dunque di me scherno?

ALVARO 
Va.

CARLO 
S'ora meco misurarti, 
O vigliacco, non hai core, 
Ti consacro al disonore.

(Gli da uno schiaffo)

ALVARO
(furente) 
Ah, segnasti la tua sorte! 

(Raccoglie la spada)

Morte...
Ah! Morte, vieni, a morte andiam!

CARLO 
Morte! A entrambi morte!
Ah! Morte, vieni, a morte andiam!

(Escono, correndo dalla sinistra)

Scena Seconda

(Presso la grotta di Leonora. Valle tra 
rupi inaccessibili, attraversata da un 
ruscello. Nel fondo è una grotta con 
porta, e sopra una campana che si potrà 
suonare dall'interno. E il tramonto. 
La scena si oscura lentamente; la luna 
apparisce splendidissima. Leonora, pallida 
sfigurata, esce dalla grotta, agitatissima)

LEONORA 
Pace, pace, mio Dio! 
Cruda sventura 
M'astringe, ahimè, a languir; 
Come il di primo 
Da tant'anni dura 
Profondo il mio soffrir. 
Pace, pace, mio Dio!
L'amai, gli è ver! 
Ma di beltà e valore 
Cotanto Iddio l'ornò. 
Che l'amo ancor. 
Nè togliermi dal core 
L'immagin sua saprò. 
Fatalità! Fatalità! Fatalità! 
Un delitto disgiunti n'ha quaggiù! 
Alvaro, io t'amo. 
E su nel cielo è scritto: 
Non ti vedrò mai più! 
Oh Dio, Dio, fa ch'io muoia; 
Che la calma può darmi morte sol. 
Invan la pace qui sperò quest'alma 
In preda a tanto duol. 

(Va ad un sasso ove sono alcune 
provvigioni deposte dal Padre Guardiano) 

Misero pane, a prolungarmi vieni 
La sconsolata vita... Ma chi giunge? 
Chi profanare ardisce il sacro loco? 
Maledizione! Maledizione! Maledizione!

(Torna rapidamente alla grotta, e vi si 
rinchiude. Sì ode dentro la scena un 
cozzare di spade)

CARLO
(dall'interno) 
Io muoio! Confessione! 
L'alma salvate.

ALVARO
(entrando in scena con spada sguainata) 
E questo ancora sangue d'un Vargas.

CARLO 
Confessione!

ALVARO
(gettando via la spada) 
Maledetto io sono... 
Ma qui presso è un eremita. 

(Corre alla grotta e batte alla porta)

A confortar correte un uom che muor.

LEONORA
(dall'interno) 
Nol posso.

ALVARO 
Fratello! In nome del Signore.

LEONORA 
Nol posso.

ALVARO
(battendo più forte) 
È d'uopo.

LEONORA
(dall'interno suonando la campana) 
Aiuto! Aiuto!

ALVARO 
Deh, venite.

(Leonora si presenta sulla porta)

LEONORA 
Temerarii, del ciel l'ira fuggite!

ALVARO 
Un donna! Qual voce... 
Ah, no . . . uno spettro!

LEONORA
(riconoscendo Alvaro) 
Che miro?

ALVARO 
Tu, Leonora!

LEONORA 
Egli è ben desso. 
Ah, ti riveggo ancora.

ALVARO 
Lungi, lungi da me; queste mie mani 
grondano sangue, Indietro!

LEONORA 
Che mai parli?

ALVARO
(accennando) 
Là giace spento un uom.

LEONORA 
Tu l'uccidesti?

ALVARO 
Tutto tentai per evitar la pugna. 
Chiusi i miei dì nel chiostro. 
Eì mi raggiunse, m'insultò, 
l'uccisi.

LEONORA 
Ed era?

ALVARO 
Tuo fratello!

LEONORA 
Gran Dio!

(Corre ansante vero il bosco)

ALVARO 
Destino avverso, 
Come a scherno mi prendi! 
Vive Leonora, e ritrovarla deggio 
or che versai di suo fratello il sangue!

LEONORA
(dall'interno, mettendo un grido) 
Ah!

ALVARO 
Qual grido! Che avvene? 

(Leonora, ferita, entra sostenuta 
dal Padre Guardiano) 

Ella, ferita!

LEONORA
(morente) 
Nell'ora estrema perdonar non seppe. 
E l'onta vendicò nel sangue mio.

ALVARO 
E tu paga, non eri, o vendetta di Dio. 
Maledizione! 

GUARDIANO
(solenne) 
Non imprecare; umiliati 
A Lui ch'è giusto e santo, 
Che adduce a eterni gaudii 
Per una via di pianto; 
D'ira e fulgor sacrilego 
Non profferir parola, 
Vedi, vedi quest'angiol vola 
Al trono del Signor.

LEONORA
(Con voce morente) 
Sì, piangi e prega. 
Di Dio il perdono io ti prometto.

ALVARO 
Un reprobo, un maledetto io sono. 
Flutto di sangue innalzasi fra noi. 

LEONORA 
Piangi! Prega!

GUARDIANO 
Prostrati!

LEONORA 
Di Dio il perdono io ti prometto.

ALVARO 
A quell'accento più non poss'io resistere.

(Si getta ai piedi di Leonora)

GUARDIANO 
Prostrati!

ALVARO 
Leonora, io son redento, 
Dal ciel son perdonato!

LEONORA E GUARDIANO
Sia lode a Te, Signor. 

LEONORA
(ad Alvaro) 
Lieta or poss'io precederti 
Alla promessa terra. 
Là cesserà la guerra, 
Santo l'amor sarà.

ALVARO 
Tu mi condanni a vivere. 
E m'abbandoni intanto! 
Il reo, il reo soltanto 
Dunque impunito andrà!

GUARDIANO 
Santa del suo martirio 
Ella al Signor ascenda, 
E il suo martir t'apprenda 
La fede e la pietà!

LEONORA 
Lieta poss'io precederti
alla promessa terra...
In ciel ti attendo, addio!

ALVARO 
M'abbandoni intanto!
Deh, non lasciarmi, Leonora, 
ah no, non lasciarmi...

LEONORA 
Ah... ti precedo... Alvaro... Ah... 
Alvar... Ah!

(Muore)

ALVARO 
Morta!

GUARDIANO 
Salita a Dio!

FINE DELL'OPERA



        
ACTO CUARTO 


Escena Primera

(Cercanías de Hornachuelos. Patio del
monasterio de Nuestra Señora de los Ángeles.
Un pórtico paupérrimo rodea un patio 
con naranjos, adelfas y jazmines. A la 
izquierda está la puerta que da a la
calle; a la derecha, otra puerta sobre 
la cual hay un letrero que dice "Clausura".
El padre guardián pasea solemnemente
leyendo su breviario. Por la izquierda 
entra un grupo de mendigos de ambos sexos 
y de todas las edades que traen recipientes
para que se los llenen de comida)

CORO DE MENDIGOS
¡Por caridad! 
¡Hace una hora que esperamos!
Hemos de seguir el camino, 
¡por caridad!

(Fray Melitón entra por la derecha, 
llevando un amplio mandil blanco,
es ayudado por un lego que  lleva un gran
caldero de sopa. La ponen en el centro
del patio y el lego se va)

MELITÓN
¿Cómo? ¿Creéis que esto es una taberna? 
¡Quietos!

(Comienza a distribuir la sopa con un cazo)

MENDIGOS
(empujándose unos a otros)
¡Aquí! ¡Yo primero, a mí primero!

MELITÓN
¡Quietos, quietos!

HOMBRES
¡Cuánto les estáis poniendo!
Cada uno sólo piensa en sí mismo
¡A María ya le echaron tres!

UNA MENDIGA
(A Melitón)
¡A mí, cuatro!

MENDIGOS
¡A ella cuatro!

MENDIGA
¡Sí, porque tengo seis hijos!

MELITÓN
¿Por qué tienes seis?

MENDIGA
Porque Dios me los mandó.

MELITÓN
¡Sí, Dios! No los habrías tenido
si como yo, con disciplina,
la espalda    
te hubieras azotado
y pasado la noche
rezando rosarios 
y misereres...

GUARDIÁN
¡Hermano!

MELITÓN
Estos pordioseros 
son de una fecundidad espantosa.

GUARDIÁN
Tened caridad.

MENDIGOS
¡Dadnos un poco más de esa bazofia!

MELITÓN
¿A los bienes del Señor, bribones, 
llamáis bazofia?

ALGUNOS MENDIGOS
(presentando sus escudillas)
¡A mí, padre, a mí!...

OTROS MENDIGOS
(presentando las escudillas)
¡A mí!...

MELITÓN
¡Oh, id en mala hora,
u os daré con el cucharón en la cabeza!
Estoy perdiendo la paciencia...

GUARDIÁN
¡Tened caridad!

MENDIGAS
Más caritativo era el padre Rafael.

MELITÓN
Sí, sí, pero a los ocho días estaba harto
de pobres y de sopas, se quedó en su celda
y pasó la carga a las espaldas de Melitón...
¿Y debo tratar bien a esos sinvergüenzas?

GUARDIÁN
Los pobres sufren... 
La caridad es un deber.

MELITÓN
¿Caridad con los que la tienen por oficio?
¿Que derribarían un campanario 
a puñetazos?
¿Que llaman bazofia a los bienes del Señor?
¡Bribones, bribones!

MUJERES
¡Oh, el padre Rafael!

HOMBRES
... ¡Era un ángel!

OTROS
¡Un santo!

MELITÓN
¡No me fastidiéis tanto! 
¡No me fastidiéis tanto!

MENDIGOS
Sí, ¡un santo!.

MELITÓN
(Melitón da un puntapié al caldero
y su contenido cae por el suelo)
Coged el resto, lleváoslo,
ni una palabra más...
¡Fuera de aquí, dejadme en paz!
Sí, fuera, id a tomar el aire.
¡Más pordioseros que Lázaro,
sacos de iniquidad! 
Fuera, fuera, bribones, al diablo, 
marchaos.

MENDIGOS
Oh, el padre Rafael, etc.

(El fraile furioso los expulsa del patio,
golpeándoles con el mandil. Después toma 
un pañuelo de su manga y con él se enjuga 
el sudor de la frente)

MELITÓN
¡Uf! ¡No existe en el mundo tanta paciencia!

GUARDIÁN
Poca os ha dado el Señor.
¡Haciendo caridad se cumple un deber
que enorgullecería a un ángel!

MELITÓN
(cogiendo tabaco)
Cualquiera en mi lugar acabaría
a los tres días vertiendo la sopa.

GUARDIÁN
Callaos: sed humilde, Melitón, 
no sufráis si veis que prefieren a Rafael.

MELITÓN
¿Yo? No. Soy su amigo, pero tiene prontos...
Habla consigo mismo... tiene una mirada...

GUARDIÁN
Son las oraciones, el ayuno.

MELITÓN
Ayer trabajaba en el huerto tan trastornado
que, bromeando, le dije: 
"¡Padre, parecéis mulato!"
Me miró aviesamente, apretó los puños, y...

GUARDIÁN
¿Y bien?

MELITÓN
Cuando el campanario quedó iluminado
y él salió en medio de la tempestad,
le grité: "Parecéis un indio salvaje."
Y soltó un aullido que me dejó helado.

GUARDIÁN
¿Qué tiene eso de gracioso?

MELITÓN
Nada, pero lo miro y pienso 
que dijisteis que el demonio 
tomó hábito de fraile.
¿Y si fuera pariente suyo el padre Rafael?

GUARDIÁN
Temerarios juicios... Os diré la verdad.
Pero fue revelación al superior, 
luego, yo... no.

MELITÓN
¡Es verdad! 
¡Pero el padre es muy extraño! 
¿Cuál es la razón?

GUARDIÁN
Los desengaños mundanos, 
la constante penitencia,
las vigilias, la abstinencia, 
turbaron su alma.

MELITÓN
¡Los desengaños, 
la constante penitencia,
las vigilias, la abstinencia, 
le trastornaron!

GUARDIÁN
Los desengaños, etc.

MELITÓN
Los desengaños, etc.

(Se oye llamar fuerte en la 
campanilla de la verja.)

GUARDIÁN
(a Fray Melitón)
Alguien viene: abrid.

(Sale el Padre Guardián. Melitón 
va a abrir la verja y regresa acompañado
por don Carlos envuelto en una gran capa)

CARLOS
(Alterado)
¿Sois el portero?

MELITÓN
(Para sí)
¡Vaya mentecato!

(En voz alta)

Si he abierto, así parece...

CARLOS
¿El padre Rafael?

MELITÓN
(Para sí)
¡Otro!

(a Carlos)

Tenemos dos: 
uno de Porcuna, gordo,
sordo como una tapia; 
otro delgado, moreno ojos... 

(Para sí)

¡Cielos, qué ojos! 

(a Carlos)

¿A cuál buscáis?

CARLOS
El del infierno.

MELITÓN
(Para sí)
Es él, es él.

(a Carlos)

¿Y a quién anuncio?

CARLOS
A un caballero.

MELITÓN
(para sí)
¡Qué presuntuoso! Y qué mal vestido.

(Sale.)

CARLOS
En vano, Álvaro, os ocultásteis al mundo
y vuestra vileza cubristeis con hábitos. 
El odio y la sed de venganza 
me indicaron el camino 
hasta el claustro en que os escondéis. 
Nadie se interpondrá entre nosotros; 
sólo la sangre, tu sangre, 
puede lavar el ultraje 
que mancilló mi honor:
y la derramaréis toda: ¡lo juro por Dios!

(Entra don Álvaro vestido de monje.)

ALVARO
Hermano

CARLOS
¡Me reconocéis!

ÁLVARO
¡Don Carlos! ¡Vos, vivo!

CARLOS
Después de buscaros durante un lustro
os encuentro, al fin os encuentro.
Sólo con sangre borraréis 
el infame delito.
En el libro del destino está escrito
que os castigaré. 
Vos, antes un valiente,
sois ahora un monje desarmado.
Debo derramar vuestra sangre. 
Escoged, traje dos...

ÁLVARO
También yo viví en el mundo... os comprendo:
este hábito, este retiro, 
dicen que estoy enmendando mis errores, 
que mi corazón hace penitencia,
¡Dejadme!

CARLOS
No os defienden 
ni el sayo ni la soledad, 
cobarde.

ÁLVARO
(estremeciéndose)
¡Cobarde! Tal afirmación... 

(Refrenándose)

¡No! ¡Ayúdame, Señor!

(a Carlos)

Las amenazas, las palabras fuertes,
se las lleva el viento como un juguete.
Perdonadme, piedad, 
¡oh hermano, piedad!
¿Para qué ofender 
a un desgraciado?
Inclinemos la frente ante el destino,
¡oh, hermano, piedad, piedad!

CARLOS
Corrompéis esa palabra,
¡Ah! Mi hermana dejasteis 
a traición abandonada 
a la infamia, al deshonor.

ÁLVARO
No fue deshonrada, 
os lo jura un monje.
Sobre la Tierra la adoré 
como se ama en el cielo...
La amo, y si ella me ama 
nada más anhela mi corazón.

CARLOS
No se aplaca mi furor...
con mentirosas y viles palabras...
Empuñad el arma
y luchad conmigo, traidor.

ÁLVARO
Si el remordimiento 
y el llanto no hablan por mí, 
como nunca hice 
me postro a vuestros pies.

(Se arrodilla)

CARLOS
¡Ah, de la mancha de vuestro 
escudo es prueba este acto!

ÁLVARO
(Poniéndose de pie, furiosos)
¡Mi escudo brilla más que cualquier joya!

CARLOS
Sangre de mulato lo tiñe.

ÁLVARO
(No pudiendo refrenarse más)
¡Miente vuestra garganta! 
Una espada, una espada para mí... 

(Se la arranca de la mano)

¡Salgamos, una espada!

CARLOS
¡Por fin!

(Se dispone a salir)

ÁLVARO
(serenándose)
No, que no triunfe el averno. 
Partid...

(Arroja la espada)

CARLOS
¿Os burláis de mí?

ÁLVARO
¡Partid!

CARLOS
Si ahora, cobarde, 
no osáis batiros conmigo, 
os relego al deshonor.

(Abofetea a Don Álvaro.)

ÁLVARO
(furioso)
¡Habéis firmado vuestra sentencia!

(Recogiendo la espada)

A muerte...
¡Ah! ¡A muerte, vamos, vayamos a muerte!

CARLOS
¡A muerte! Los dos a muerte
¡Ah! ¡A muerte, vamos, vayamos a muerte!

(Salen precipitadamente por la izquierda)

Escena Segunda

(Cerca de la gruta de Leonor. Un valle 
cruzado por un arroyo, en medio 
de escarpadas rocas. Una cueva con una 
campana junto a la puerta que se puede tocar
desde dentro. Es el atardecer. La escena
se oscurece lentamente. La luna aparece
esplendorosa. Leonor, pálida y desfigurada,
sale de la gruta presa de gran agitación)

LEONOR
¡Paz, paz, Dios mío!
La desgracia 
me hace, ¡ay de mí!, languidecer;
después de tantos años, 
mi sufrimiento
es tan profundo como el primer día.
¡Paz, paz, Dios mío!
¡Le amaba es cierto! 
Y Dios le dotó
de tanta belleza y valor, 
que aún le amo
y no puedo borrar su imagen 
de mi corazón.
¡Fatalidad! ¡Fatalidad! ¡Fatalidad!
¡Un delito nos separa en la tierra!
Álvaro, te amo 
y está escrito en el cielo:
¡no te volveré a ver! 
Dios mío, haz que me muera;
sólo la muerte me devolverá la paz.
En vano esperó esta alma la paz
entregada a tamaño dolor

(Se acerca a una piedra en la que el Padre
guardián ha dejado unas provisiones)

Mísero pan que a prolongar vienes 
mi desconsolada vida. Pero, ¿quién llega? 
¿Quién profana este santo lugar?
¡Maldición! ¡Maldición!  ¡Maldición!

(Entra rápidamente en la cueva 
y cierra la puerta. 
Se oye el chocar del acero)

CARLOS
(desde dentro)
¡Me muero!... ¡Confesión!... 
Salvad mi alma.

ÁLVARO
(entra con el arma ensangrentada en la mano)
¡De nuevo la sangre de un Vargas!

CARLOS
Confesión...

ÁLVARO
(arrojando la espada)
Maldito soy.
Aquí cerca hay un ermitaño.

(Corre a la gruta y golpea la puerta)

Id a confortar a un moribundo.

LEONOR
(desde dentro)
No puedo.

ÁLVARO
¡Hermano! En nombre del Señor...

LEONOR
No puedo.

ÁLVARO
(golpeando la puerta más fuerte)
Es menester.

LEONOR
(desde dentro toca la campana)
¡Socorro! ¡Socorro!

ÁLVARO
¡Ay, venid!

(Leonor aparece en la puerta)

LEONOR
¡Temerario, huid de la ira del cielo!

ÁLVARO
¡Una mujer! Esa voz... 
¡Ah! ¡No! ¡Un espectro!

LEONOR
(reconociendo a Álvaro)
¿Qué veo?

ÁLVARO
¡Tú! Leonor...

LEONOR
¡Eres tú en persona! 
¡Te vuelvo a ver una vez más!

ÁLVARO
¡Aléjate! ¡Aléjate de mí! 
Mis manos chorrean sangre... ¡Atrás!

LEONOR
¿De qué me hablas?

ÁLVARO
(señalando con el brazo)
Allí yace muerto un hombre.

LEONOR
¿Tú le mataste?

ÁLVARO
Intenté evitar la lucha.
Encerrado en el claustro de por vida,
él me encontró... me insultó... 
¡Le he matado!

LEONOR
Y ¿quién era?

ÁLVARO
¡Tu hermano!

LEONOR
¡Dios mío!

(Ella se precipita hacia el bosque)

ÁLVARO
¡Adverso destino, 
cómo me escarneces!
Leonor vive y la encuentro ahora
que acabo de verter la sangre de su hermano.

LEONOR
(desde dentro lanzando un grito)
¡Ah!

ÁLVARO
¡Qué grito! ¿Qué ocurre?

(Aparece el padre guardián sosteniendo 
a Leonor mortalmente herida)

¡Ella... herida!

LEONOR
(moribunda)
En la hora extrema no supo perdonar,
y vengó la vergüenza con mi sangre.

ÁLVARO
Tú no eras culpable. ¡Oh venganza divina!
¡Maldición! ¡Maldición!

GUARDIÁN
(solemne)
No maldigáis; humillaos ante Él, 
que es justo y santo, 
que nos conduce al gozo eterno
por este valle de lágrimas.
Llevado por la ira y el furor sacrílego
no profiráis ni una palabra,
mira, mira... este ángel vuela 
al trono del Señor

LEONOR
(con voz moribunda)
Sí, llora y reza
te prometo el perdón de Dios

ÁLVARO
Un réprobo, un maldito es lo que soy.
Una ola de sangre se alza entre nosotros.

LEONOR
¡Llora! ¡Reza!

GUARDIAN
¡Arrodillaos!

LEONOR
El perdón de Dios te prometo

ÁLVARO
A estas palabras no puedo resistirme más.

(Se arroja a los pies de Leonor)

GUARDIÁN
¡Arrodillaos!

ÁLVARO
Leonor, Leonor, estoy redimido...
¡El cielo me perdona!

LEONOR Y GUARDIAN
Loado sea el Señor...

LEONOR
(a Álvaro)
Alegre puedo precederte 
a la tierra prometida.
Allí cesará la lucha. 
Santo el amor será.

ÁLVARO
¡Me condenas a vivir 
y me abandonas!
¡Sólo así el reo 
no quedará impune!

GUARDIÁN
¡Santa con su martirio 
ascienda al Señor...
y su muerte  nos enseñe 
a ser piadosos!

LEONOR
Alegre puedo precederte 
a la tierra prometida..
¡Te espero en el cielo, adiós!

ÁLVARO
Sin embargo ¡tu me dejas!
Ay, no me dejes...¡Leonor, 
ah, no, no me dejes!

LEONOR
¡Ah, te precedo, Álvaro! ¡Ah!...
Álva... ¡Ah!...

(Muere)

ÁLVARO
¡Muerta!

GUARDIÁN
¡Ha subido hasta Dios!

FIN DE LA ÓPERA



Escaneado y adaptado por:
Rafael Torregrosa Sánchez 2000